
Ormai da tre anni le casette sugli alberi del mio giardino, pulite e ristrutturate annualmente con estrema cura, ospitano le cinciallegre che puntualmente ad ogni primavera (quest’anno un po’ in ritardo…) seguono la “prassi” per la costituzione del “nucleo famigliare”. Al loro arrivo iniziano ad esplorare le casette, ficcandoci dentro la testa, con aria circospetta, per verificare che l’appartamento sia adatto ai loro bisogni. Una volta fatto il “rogito” iniziano a comprare i mobili, ovvero a portare dentro la casetta, con estrema cura e selettività, i fili d’erba e di muschio adatti alla costruzione del loro “letto d’amore”. Date un occhio, nella foto qui sotto, a cosa trovo dentro le casette quando sono “sfitte”, ovvero durante l’intervallo invernale.

Poi inizia il periodo degli approvvigionamenti di cibo, prima per loro, poi per i piccoli. Nello scatto di copertina, la cinciallegra torna nella casetta dopo aver fatto la spesa. Ha infatti inbeccato un larva succosa. Ecco, questa è la parte, molto stringata, di quello che si può chiamare birdgardening, vero e proprio. In realtà, questo è il birdgardening attivo. Sì, perché poi c’è anche quello “passivo”. E quale sarebbe?
Beh, io lo definisco così un po’ ironicamente, perché altro non è che la normale attività nidificante di tutte le altre specie di uccelli che popolano il mio piccolo giardino. Quest’anno vi voglio parlare in particolare di un famigliola di verzellino, che, dopo aver esplorato tutti gli alberi e dopo aver constatato che la magnolia e il pino erano già occupati da due famiglie di cinciallegre, hanno deciso, notizia di stamattina, di occupare un altro pino argentato, costruendo un nido quasi ad altezza uomo. QUI potete vedere mamma verzellina con i piccoli qualche settimana più tardi.

Ecco che, quindi, in maniera passiva, senza fare alcuno sforzo costruttivo, mi ritrovo a poter fotografare anche i verdoni. Quando avrò il tempo di appostarmi…