
Perché “biodiversità inattesa”? Beh, ovviamente, di per se la diversità biologica non è una novità inattesa. E fin qui non ci piove, per fortuna. Tuttavia, durante l’uscita primaverile oggetto del presente racconto, mi sono imbattuto in più di 10 specie di volatili diversi nel giro di poche centinaia di metri, quando il mio scopo del giorno era quello di “andare a cavalieri d’Italia”. Questo è il motivo per cui la foto di copertina ritrae questi volatili, i cavalieri d’Italia appunto. Ma ritorniamo alla biodiversità.

Su consiglio del mio caro zio Amedeo, un giorno di fine marzo mi sono messo in macchina diretto verso una zona umida tra due fiumi in prossimità della Laguna Veneta, dove, secondo lui, c’erano ‘sti benedetti cavalieri, che da novellino fotografo naturalista non avevo ancora avuto la possibilità di vedere dal vivo. Questo posto è a circa 35Km da casa mia e ci sono andato in tre volte prima di capire la reale importanza di quella “chiazza d’acqua”. La prima volta ci sono andato di mattina, per fare un sopralluogo e rendermi conto se effettivamente valeva la pena perderci del tempo. Appena arrivati, mio zio (ex cacciatore semipentito…) inizia ad indicarmi una serie di specie la cui presenza non era così evidente ai miei occhi. Mi dice: “…quelli sono i cavalieri…”, e ce n’erano veramente alcune decine, “…laggiù ci sono le folaghe…”, ed effettivamente si vedevano delle folaghe seminascoste dietro un canneto, “…quelle sono marzaiole…”, ed erano veramente carine le marzaiole, “…quella è una pavoncella…”, incredibile, c’era pure una pavoncella, “… e poi ci sono quelli…”. Quelli? Quelli cosa? A circa un centinaio di metri c’erano questi uccelli di dimensioni piuttosto generose, che pascolavano indisturbati sui bordi della pozza d’acqua, ficcando di tanto in tanto il becco sotto il fango. Col 400mm ero corto e ho provato con il duplicatore di focale, sapendo di perdere la MAF automatica (diventa un f/11). Tuttavia, ho scoperto che in modalità live view è possibile utilizzare l’AF a contrasto che alla fine si è rivelato essere anche piuttosto preciso. Ok, faccio un po’ di scatti e, nel controllarli ingrandendo, realizzo che non si tratta di un uccello tanto comune. Il suo aspetto era simile all’ibis, almeno così mi sembrava. Solo una volta giunto a casa, avrei realizzato che si trattava di mignattai (Plegadis falcinellus), identificati grazie agli utenti dello JuzaForum, veramente tempestivi non solo nell’identificazione del mignattaio, ma anche per le altre specie che ho trovato nello stesso sito. Per quanto riguarda la somiglianza con l’ibis, devo dire che ero sulla pista giusta. Mignattaio e ibis appartengono, infatti, alla stessa famiglia, ovvero i Treschiornitidi. In Italia e nella Pianura Padana in particolare, sembra che vi siano pochissime nidificazioni di mignattai, quindi mi ritengo piuttosto fortunato per questa cattura. Purtroppo, come vedrete la qualità fotografica di questo articolo è piuttosto bassa per una serie di motivi che non sto qui ad elencare (in primis le mie scarse capacità…). Tuttavia, mi premeva di più l’aspetto documentaristico della faccenda, piuttosto che quello più prettamente tecnico-fotografico.

La distanza dei soggetti ha rappresentato il problema più insormontabile. Come ho già detto sopra, ho tentato di correre ai ripari moltiplicando il mio Canon 400mm f/5.6, con risultati piuttosto mediocri dal punto di vista qualitativo anche se sufficienti dal punto di vista quantitativo. La combinazione obiettivo+duplicatore mi ha consentito di “avvicinarmi” anche ad alcuni soggetti un po’ più piccoli dei mignattai. Nella foto qui sopra potete vedere un piro piro boschereccio (Tringa glareola) che pasteggia tranquillo a qualche decina di metri da me. Direi che forse i piro piro erano quelli che più ignoravano la mia presenza, soprattutto nel primo sopralluogo, durate il quale non ero affatto mimetizzato. Le due volte successive mi sono attrezzato un po’ meglio, con una rete mimetica che mi permetteva di appostarmi in attesa di poter avvicinare un po’ di più i soggetti, anzi, in attesa che i soggetti si avvicinassero a me. Oltre ai piro piro, gli unici a prendere confidenza erano i cavalieri, che peraltro erano anche nel periodo degli amori, come testimoniato dallo scatto qui sotto in cui il cavaliere “cavalca” letteralmente la sua amata. L’eleganza dei cavalieri d’Italia li contraddistingue in tutti i loro movimenti, tanto durante il volo quanto durante l’accoppiamento e la ricerca del cibo.

Solo dopo aver rivisto le foto più e più volte ho realizzato che tra i miei scatti avevo ripreso anche qualche combattente (Philomachus pugnax), in particolare un maschio, anche se la distanza era veramente notevole. Per l’identificazione sia del piro piro che del combattente devo ringraziare ancora gli utenti dello JuzaForum, in particolare minimo, Pietro-F, Subcomandante e gardo85.

Durante il primo sopralluogo, anzi, solamente in quell’occasione, ho avuto modo di riprendere anche una pavoncella (Vanellus vanellus). Il suo fischio di allarme è inconfondibile, una volta identificato. Ce n’erano un paio di esemplari che hanno continuato a sorvolarmi fischiando per più di un’ora, fino quasi a farmi sentire veramente di troppo. Ma quella pozza d’acqua riservava ancora qualche sorpresa. In lontananza, ad un certo punto ho intravisto uno stormo di anatidi, poi rivelatisi marzaiole (Anas querquedula).

Dai colori molto intensi e caldi, le marzaiole hanno accompagnato tutti e tre i miei sopralluoghi e ho avuto la possibilità di fare qualche scatto a diversi esemplari in volo. In questo la mia Canon 7D è spettacolare. Zone AF automatiche e il soggetto in volo è agganciato all’istante. Adoro il sistema AF della 7D. E’ estremamente personalizzabile, anche se all’inizio può sembrare complesso da settare. Una volta capito, però, ha delle potenzialità incredibili. Il sistema AF vale da solo l’acquisto, secondo me. Ma torniamo al mio documentario.

Vi ricordo che si tratta letteralmente di una pozza d’acqua e finora vi ho parlato di cavalieri, mignattai, folaghe (purtroppo senza scatti accettabili a testimoniarlo), piro piro, combattenti, marzaiole e pavoncella. A questi va aggiunto qualche germano reale che ho visto in un paio d’occasioni in lontananza. Siamo già ad otto specie.

Di ritorno a casa dopo il primo sopralluogo, mentre già ero in macchina, scorgo un airone alla fine dello specchio d’acqua e cerco di avvicinarmi dopo essere sceso. Purtroppo, gli aironi sono notoriamente diffidenti e appena ha percepito la mia presenza ha preso il volo. Comunque, ho fatto un paio di scatti in lontananza e sono riuscito poi ad identificarlo come un airone rosso (Ardea purpurea) come potete facilmente vedere nella foto qui sopra.
Il posto di cui vi sto parlando non è molto distante dall’oasi di Ca’ di Mezzo (per informazioni visitate il sito di legambiente), e questo spiega in parte la ricchezza di specie che ho osservato in quella circostanza. Dopo il mio primo sopralluogo, una breve sosta all’oasi mi ha fatto capire che in realtà non era quello il motivo di tanta diversità di specie. Ve n’erano, infatti, di più nella pozza di poche centinaia di metri che nell’intera oasi. Tuttavia, mentre passeggiavo tra gli alberi sono riuscito a scattare qualche foto ad un luì piccolo (Phylloscopus collybita) che ci seguiva a distanza fischiettando tra i rami.

Poi, ad un certo punto vedo in lontananza un albero con dei “frutti” un po’ particolari. Come potete vedere qui sotto, i frutti erano dei cormorani (Phalacrocorax carbo) che si divertivano a piegare i rami con il loro peso. Fra loro c’era anche un garzetta solitaria il cui bianco staccava visibilmente rispetto al color carbone dei cormorani che sembravano guardare al tramonto ormai vicino. Dopo queste prime due volte, sono ritornato in questi posti insieme al mio amico Franco, anche lui appassionato come me di fotografia. Dopo una prima “visita” ai cavalieri della pozza d’acqua ci siamo spostati di qualche chilometro verso la Laguna, dove sapevamo esserci una garzaia molto ben popolata.

Al nostro arrivo la garzaia mi è subito sembrata sovrappopolata, anche se un passante ci ha assicurato che di mattina presto ci sono almeno un paio di migliaia fra garzette e nitticore. Fatto sta che siamo capitati lì al tramonto, ed abbiamo dovuto “accontentarci”. Ho già pubblicato uno scatto della stessa serie (Calda leggerezza) e mi ero ripromesso di pubblicarne altri, includendo anche una mia “vecchia conoscenza”. Beh, che dire, le garzette erano nella stagione degli amori e hanno dato il meglio di se in quanto a danze e rincorse varie. Nello scatto qui sotto, vi propongo una scena che nell’occasione era piuttosto ricorrente, fra svolazzamenti vari.

Oltre alla garzette, vi erano anche molti esemplari di nitticora (Nycticorax nycticorax). Peccato che anche in questa occasione io non avevo il 600mm dei miei sogni e il moltiplicatore non mi rendeva la vita facile a causa dell’eliminazione della MAF automatica, che nel caso si rendeva invece strettamente necessaria. Comunque devo dire che con i 18 megapixel della 7D mi posso permettere di croppare senza perdere troppa qualità. Infatti, la foto che ritrae la nitticora qui sotto non è proprio malaccio no?

Ma la sorpresa finale è rappresentata dall’ospite inatteso della garzaia. Eravamo quasi al tramonto e le varie garzette che erano andate fuori in cerca di cibo stavano tornando al loro nido. Ad un certo punto, quando meno te lo aspetti chi arriva? Il mignattaioooooooo. Eh sì. Anzi, una coppia di mignattai. Forse quelli della “pozza”, forse altri, chi lo può sapere. Certo è che l’incontro mi ha soddisfatto notevolmente, soprattutto perché ho portato a casa uno scatto decente del mignattaio in volo, che ancora non avevo.

Considerazione conclusive
Beh, concludendo direi che l’inattesa biodiversità che ho incontrato nel mio breve itinerario foto-naturalistico mi ha dato parecchio da pensare. Innanzitutto, ho pensato a come molto spesso ignoriamo le conseguenze degli interventi antropici, anche di piccole dimensioni, che vanno invece a ferire un ambiente che può nascondere delle meraviglie inaspettate. Questi “contenitori di biodiversità” stanno a pochi passi da casa nostra, dove meno ce l’aspettiamo. Basta un po’ d’acqua, anche solo per qualche settimana all’anno, per fare esplodere il potenziale di Madre Natura. E basta ancora meno per far sì che ciò non accada, spezzando questa magia. Non molto distante dal sito di cui vi ho parlato c’è una discarica, purtroppo. Chiediamoci come sarebbe stato quel posto senza quella discarica. Domandiamo a noi stessi cosa possiamo fare per impedire che tutto ciò che vediamo oggi possa essere ammirato domani dai nostri figli e nipoti. Cosa possiamo fare per conservare quello che ci rimane? E cosa possiamo fare per recuperare quello che abbiamo perso? Possiamo conoscere. Possiamo acquisire la consapevolezza di tutto ciò. Possiamo informarci. Possiamo diffondere le nostre conoscenze. Magari anche solo come sto facendo in questa occasione.
Per finire, alcune considerazioni di carattere tecnico. Innanzitutto, riguardo alla reflex che ho usato per tutti gli scatti che vi ho proposto, per la maggior parte non proprio accettabili, diciamo così, per non essere troppo crudeli. Devo dire che nella maggior parte dei casi mi sono ostinato a produrre delle immagini riprese a distanze abbastanza improponibili. Per questo motivo direi che la 7D non ha alcuna colpa. Tuttavia devo dire che, qualora il risultato finale sia giudicato accettabile, i 18 megapixel fanno parecchio comodo. Ci tengo a sottolineare questa cosa perché molto spesso Canon viene criticata per la rincorsa ai pixel, invece che badare, solo per dirne una, alla riduzione del rumore ad alti ISO. A me devo dire che questa caratteristica tecnica fa molto comodo, perché a volte arriva dove non arriva il mio 400mm… Quindi, ben vengano i 18 megapixel della 7D. Altra considerazione la merita il sistema AF. Anche a distanze notevoli (come ad esempio nel caso dell’airone rosso) l’AF automatico a zone è eccezionale nell’agganciare il soggetto e nel metterlo a fuoco. In questo la 7D è veramente notevole. Solo pregi direte? No, non solo pregi. Ci sono anche i difetti, ma quelli sono già ampiamente trattati nei vari forum e non serve stare qui a puntualizzarli per l’ennesima volta. Altra considerazione: combinare il 400 f/5.6 con il TC 2X. Lasciate stare. Usatelo piuttosto da solo e croppate in post-produzione. Il risultato è lo stesso con il vantaggio che non perdete l’AF e che non avrete quel brutto sfocato che si ottiene con il duplicatore (vedere la foto del combattente qui sopra per credere). Ah, un’ultima cosa. Se becco quell’imbecille che si è messo a gridare verso me e Franco mentre eravamo appostati per i cavalieri, gli sputo in un’occhio…
Ringraziamenti
Ringrazio mio zio Amedeo perché mi ha portato in quel posto, Franco perché mi ha fatto scoprire quella mega-garzaia e tutti gli utenti dello JuzaForum per l’identificazione delle varie specie.
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